mercoledì 12 febbraio 2014






 Il mio amico
John McDannyfunny












Quarant’anni prima non aveva pensato a niente di simile, per la sua vita.
Era tutta là, davanti… mille colori, le luci, i lampioni a gas che sfumavano in una luce color lillà sopra i viali sporchi spazzati dal vento in un’alba buia e fredda di neve, quando il ferry-boat accostò al molo tra mille difficoltà, in una schiuma lezza delle cose di ieri, avanzi di vita, cose gettate, inutili rimasugli e l’odore del mare sulla faccia e nei polmoni. Stridio di ferraglia. Il vento della neve. E lui se ne stava lì immobile come un Cristo in agonia. Aveva sette anni allora John McDannyfunny, e un padre morto un mese prima che lui venisse al mondo. La vita, quando decide di darsi da fare, sa essere davvero puttana. Aveva sette anni John McDannyfunny, e una madre che suonava l’arpa solo di tanto in tanto, e poi magari la suonava per una notte intera, come se per farlo avesse avuto bisogno di riprendere fiato, o la rincorsa.

Se un libro potesse avere musica dentro, come un'anima che suona, in queste parole ci avrei messo questa.





Reginald Begiset,
uno dei tanti
cani randagi




Dottor Begiset,
che delusione! V’ho supplicato a mani giunte, ma voi niente. Eppure sapevate bene di mettere a repentaglio la vita di centinaia e centinaia di persone perbene. Tanto per non farvi dormire nei prossimi cent’anni, sappiate che sessantasei dei miei uomini si sono suicidati e altrettante famiglie versano in condizioni disperate. Ma è questo il modo di trattare la gente? Mi avete messo in una situazione di merda: sono rinchiuso nel mio ufficio, quello del cantiere, e i 134 superstiti del suicidio di massa, mi hanno asserragliato e vogliono i soldi, e se non li pago, prima o poi verranno su e mi massacreranno. Sapete che cosa sto per fare? Sto per puntarmi addosso una pistola, mi ucciderò e voi sarete responsabile anche di questa morte. Ma sappiate che non vi invidio. Bastardo.
Paul T. Winston



Ci chiamano

cani randagi...

 

 

 

 

Ci sono una cittadina inglese dei primi del Novecento e i suoi abitanti. E poi l’America e i suoi abitanti.
C’è un vecchio macchinista di locomotive a vapore che si è messo a scrivere un libro sulle storie che ha sentito raccontare. Storie di un paese lontano: l’America.
C’è un vecchio macchinista di locomotive a vapore che, nelle giornate nevose d’inverno, racconta a Jody le storie del loro paese, Anywhere, Inghilterra.
Ci sono uomini alla perseverante ricerca del loro sogno e c’è chi, invece, sogna anche ad occhi aperti.
C’è uno che vende i colori delle farfalle, per dire, e uno che cerca la tomba di Alessandro Magno.
C’è il signor Mod che impazzisce nell’astruso concetto delle Musiche Parallele e ci sono due fabbriche di vasellame e simulacri perse tra le fosche nebbie d’autunno.
E c’è un posto chiamato Maryliwood che nessuno sa esattamente dove sia.
C’è chi imbottiglia aria in ogni parte del mondo, e chi di bottiglie ne ha scolate troppe e c’è rimasto secco.
A un certo punto, c’è uno che ha trovato il sistema di fermare il tempo, oppure di farlo correre a rotta di collo. C’ha passato su notti intere, e mesi, e anni… poi c’è riuscito. A suo modo, ma c’è riuscito.
Ci sono le mani della signorina Pochette e gli occhi, tristi, di Elise.
C’è uno che si fa rinchiudere dentro una campana di vetro, e uno che fa riattaccare la campana al campanile di una chiesa di un villaggio sperduto nel west.
C’è uno che un giorno ha messo un soldo dentro una fottuta scatola di latta, e poi ci ha tirato su una banca.
C’è la società di ieri, e quella di oggi. Gli stessi illusi sognatori perdenti. Perché ognuno può sognare e realizzare ciò che vuole: la musica più sublime o le parole più belle, poi, di quel che sarà delle nostre opere, be’, quello è compito del destino, e con questo non ci si discute mica tanto.
Grandi sparatorie non ce ne sono. Ma si muore lo stesso. E i treni passano proprio a un niente dalla casa del vecchio Sly Grass, pittore di insegne. Ci sono gli indiani, ma solo raccontati, di quello che hanno subito nei secoli qui non se ne parla. E c’è un posto dove piove ogni santo giorno. E nessuno ha mai capito davvero perché.

 

 


giovedì 7 febbraio 2013

james joyce e italo svevo

due uomini e una città: Trieste









Nell' appartamento di via Donato Bramante, lungo la salita per San Giusto, lui parlava il triestino che sentiva nella città vecchia...
con lui c'era sempre Dario de Tuoni, un irredentista triestino molto eclettico, mezzo poeta e mezzo giornalista, a volte mezzo ubriaco...
ma c'erano anche altri, che la sera si incontravano in casa Joyce per la lezione d' inglese, poeti, scienziati e scrittori da fare...
su quelle sedie ci sedeva anche un bohémien poliglotta che si faceva chiamare René, e un altro giovanotto, un tale Ravitz...
Italo Svevo gli disse: Professore, sa, anch’io ho scritto, ma ho scritto due libri, che poi non sono stati riconosciuti da nessuno...
siamo nella Trieste dei primi anni del novecento, un altro mondo, una città di confine: un po' italiana, austriaca e slovena...
Trieste, primi del Novecento
Joyce la osserva ogni notte: e ci legge un’anima nobile e malinconica; certo bellissima e decadente, a volte altera ma mai vanitosa...
la osserva di mattina, mentre va alla Berlitz School, e la vede mentre si specchia nelle onde di un mare che ne lambisce le pene...
la osserva nei giorni di vento, mentre con una mano tiene fermo il suo cappello per alleviare i taglienti soffi della Bora invernale...
è vero, Trieste Saba l’amò, ma molto le devono, per il suo fascino misterioso di armoniche contraddizioni, Svevo e James Joyce...
in quelle sere nella casa lungo la salita per San Giusto, si poteva distinguere un impiegato bancario boemo, Frantisek Schaurek...
Frantisek Schaurek era il più anziano, ed era sempre molto preso nella parte di fidanzato ufficiale della sorella di Joyce, Eileen...
Monumento di Joyce a Trieste
Svevo a Trieste c'era nato, e quell'aria triestina era sempre stata un vero balsamo sanifico per tutte le sue ferite dell'anima...
Svevo scriveva libri, ma era costretto a frustrare il proprio talento per dedicarsi da buon borghese ai commerci dell’azienda di famiglia
e forse il suo vero talento di scrittore nemmeno sarebbe venuto alla luce se James Joyce non avesse creduto in lui fin da subito...
grazie a Joyce, i critici francesi  trasformarono La coscienza di Zeno in un caso letterario, regalandogli successo anche se tardivo...
il successo della Coscienza di Zeno alleviò a Svevo le pene della vecchiaia e lo accompagnanò negli ultimi tre anni della sua vita...
insomma, in quella casa di Trieste, lungo la salita per San Giusto, si era venuto a formare un bel quadretto di gente interessante...
un quadretto degno di Praga oVienna, che invece, in quel 1913, aveva come sfondo la città di Italo Svevo, di Giotti e di Saba...
Italo Svevo
una Trieste come Parigi, nel suo momento magico letterario, alla vigilia di quella Grande Guerra che ne avrebbe cambiato la storia...
va detto che Joyce fu sempre critico nei confronti della società irlandese, così come Svevo lo fu nei confronti della borghesia triestina
Joyce arrivò a Trieste che aveva poco più di vent'anni, e tra quei venti e quelle onde, trovò la pace interiore per dare alla luce l’Ulisse
e così potè riuscire a scrivere che Ombre boschive fluttuavano in silenzio nella pace mattutina dal sommo delle scale al mare...
oppure anche che Sulla spiaggia e piú al largo biancheggiava lo specchio d'acqua respinto da piedi frettolosi dai calzari leggeri...
James Joyce amava Trieste, in un modo così puro e certo scevro di stridori, come si può amare soltanto una patria elettiva...
e pensare che Svevo cercò Joyce solo perché gli insegnasse l’inglese: ne aveva bisogno per curare gli affari esteri della sua azienda...
Joyce amò la grazia remissiva di Svevo, coartato in una vita che non era davvero la sua, gli calzava stretta e lo rendeva nevrotico...

James Joyce
Joyce gli diede la forza di scrivere, e Svevo gli passò il fascino di un maestro decadente e una maggiore profondità emotiva...
va detto che quel quadretto che si ritrovava  lungo la salita per San Giusto per le lezioni d'inglese era davvero cosa d'altre stagioni...
e va detto che quel quadretto restava sempre abbagliato dalla rossa bellezza irlandese di Nora Barnacle, la compagna di Joyce...
ma le lezioni d'inglese di Joyce veivano spesso interrotte dai figli, che arrivavano di corsa urlando qualcosa in dialetto sangiacomino...
bisogna dire che Joyce insegnava di malavoglia, e spesso si lascia andare a qualche disquisizione letteraria, o a dei fottuti scherzi...
con de Tuoni, Joyce vagabondava per le notti triestine, annaffiandole con l' Opollo di Lissa, che si faceva poi sentire sulle gambe...
con l'Opollo di Lissa sulle gambe e in testa, Joyce citava Verlaine: O triste, triste était mon âme a cause, a cause d' une femme...
erano gli anni dei fermenti psicoanalitici: le scoperte di Freud... Svevo ci provò anche a intraprendere l’analisi Freud, andò male...
Ulisse

Joyce, inconsciamente, fece sua la teoria di Freud, e  provò ad applicare il metodo delle libere associazioni alla scrittura...
La coscienza di Zeno
e perdio se ci provò!... e se andate a leggere le ultime 50 pagine dell'Ulisse poi da soli capirete cosa voglia dire flusso di coscienza...
va detto che Ulisse e La coscienza di Zeno sono legati da due filamenti sottili, che si annodano stretti stretti nel cuore di Trieste...
e da quella casa in via Bramante, ci sono passate le anime di due uomini che la vissero e che la amarono, e ci lasciarono il cuore...
Trieste: la città vecchia
Trieste ha fatto loro l’impareggiabile dono dell’amicizia; e a tutti noi altri ha regalato due indimenticabili eterni capolavori letterari....
Joyce andò a finire i suoi giorni a Zurigo, e lì ci morì la mattina del 13 gennaio 1941, per un'ernia, con la depressione nel cuore...
e anche Svevo non morì a Trieste, era dalle parti di Bormio, alle terme, rimase coinvolto in un incidente, ma non morì subito...
morì più tardi, in ospedale, a Motta di Livenza, era settembre, un bel settembre, aveva 66 anni, e non aveva mai smesso di fumare, perdio!

mercoledì 6 febbraio 2013

baudelaire e borges

nella prossima vita cercherei
di fare più errori



  
Borges ammette ciò che tutti gli idealisti ammettono, il carattere allucinatorio del mondo, paradossale nei paradossi...
Noi abbiamo sognato il mondo... lo abbiamo sognato misterioso, visibile, ubiquo nello spazio e fermo nel tempo...
abbiamo ammesso che il mondo, nella sua architettura, abbia tenui ed eterni interstizi di assurdità, per sapere che è finto...
Non so se torneremo in un secondo ciclo come le cifre d'una frazione periodica, diceva a se stesso il vecchio scrittore argentino...
e con la voce spezzata in quarti di tono: Se io potessi vivere un'altra volta la mia vita nella prossima cercherei di fare più errori...

Jorge Luis Borges
Sì, Jorge Luis Borges diceva: Se io potessi vivere un'altra volta la mia vita nella prossima cercherei di fare più errori...
e quando scriveva che Democrito di Abdera si strappò gli occhi per pensare, lo scriveva per il buio che lui conosceva...
chissà quante volte aveva sfogliato qualche spleen di Parigi, per ritrovare la luce fioca di Boulevard Angoulvant...
e quante notti ci saremo persi in quei versi alessandrini per arrivare a capire la malinconia ostinata di Baudelaire...
in quel fottuto malessere esistenziale, assoluto e intriso di una incapacità di reagire alla noia devastatrice da far male...
Non proverò neanche a raccontare Baudelaire a coloro che non lo conoscono, Cristosanto, mi sarebbe impossibile...
e mi chiedo come si può raccontare Baudelaire partendo da niente?... giuro, non saprei nemmeno da dove iniziare...
perché Baudelaire è un autore che va letto e riletto, lasciato maturare, invecchiare, nel tentativo di comprenderlo un po'...
e poi di quale Baudelaire parlare?... di quello della mia adolescenza, quello dei “Fiori del male” e del suo fascino?...
oppure del Baudelaire che ho scoperto poi negli anni che sono venuti dopo? Del poeta, dell'amante di ogni forma d'arte...
Charles Baudelaire
quello che stava Au-dessus des étangs, au-dessus des vallées, des montagnes, des bois, des nuages, des mers...
o quello che per lungo tempo ha habité sous de vastes portiques que les soleils marins teignaient de mille feux...
Baudelaire è stato un poeta delicato, ustionato dalla vita, ulcerato dal fottuto dolore e poi rifugiato in sensazioni sublimi...
Baudelaire è stato un poeta pervaso da sentimenti indicibili del vivere e da tensioni estreme verso l’Ideale e l’Assoluto...
Paris change! mais rien dans ma mélancolie n'a bougé!... scrisse ubriaco perso in una notte spenta di rue Mouffetard...
al lume incerto di un mozzicone di candela esalta il tedio esistenziale, e se ne ingolla una bella fetta nell'acool da schifo...
Baudelaire provoca sconforto e follia, descrive la depressione più nera... A chiunque ha perso ciò che non si trova più...
I fiori del male fecero così incazzare la società letteraria che venne considerato lo scarafaggio da schiacciare di corsa...
scrisse di droga, dopo averla provata... scrisse di sesso, e non si risparmiò proprio niente... e scrisse d'amore, sì...
studiò Delacroix e dedicò un bellissimo scritto a Constantin Guys, abile disegnatore ed illustratore della vita moderna...



passò lunghe notti in Boulevard Haussmann con amici come Courbet, Champfleury, e fino agli ultimi giorni, Manet...
definì il gentiluomo che passaggia con "Flâneur", che Walter Benjamin adottò come concetto analitico e come stile di vita...
Benjamin vide il flâneur come il prodotto della vita moderna e della rivoluzione industriale, idea piuttosto marxista...
Baudelaire tra l’ansia d’Infinito e la consapevolezza della caducità degli eventi, votato alla solitudine della folla metropolitana
Baudelaire fu deriso, sputato, e intanto lui traduceva e si scriveva con quel geniaccio del mistero che era Edgar Allan Poe...



secondo Baudelaire la bellezza è qualcosa di ardente e triste, qualcosa di un po’ vago, che lascia adito alla congettura...
e intanto s'appuntava queste parole: Assomiglia al principe delle nuvole il Poeta, che rotto alle tempeste,  irride all'arciere...
in qualunque veste lo guardi, Baudelaire, al netto di posizioni che non condivido, mi accompagnerà ancora e per sempre...
"Chi sposa facilmente la folla conosce godimenti febbrili, di cui saranno sempre privati l’egoista e il pigro"...
dalla frequentazione dei bassifondi di Parigi ha portato fuori le sensazioni e le facce scure della notte, l'ha fatto anche per noi...
Se potessi vivere di nuovo comincerei ad andare scalzo all'inizio della primavera e continuerei così fino alla fine dell'autunno.
Bei momenti. Perchè, nel caso non lo sappiate di quello è fatta la vita, solo di momenti, e non vi perdete di vivere l'oggi.



domenica 27 gennaio 2013

il mio amico Erri

ho scritto i libri che mio padre
non ha scritto









Lui dice: Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca... il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario...
e poi sa dirti: Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe... il nome del vento che sta asciugando il bucato...
io lo penso spesso, questo mio amico di sempre... lo penso durate i giorni che passano svelti, e in quelli troppo lenti e tristi...
lo penso appena mi alzo, e ricordo le sue parole: A riempire una stanza basta una caffettiera sul fuoco... cosa dire di più?...
lui, che si porta Napoli nel sangue e nel cuore, dove sogno e sonno hanno una sola parola per essere dette "suonno"...
lui che ha sempre difeso le sue idee, come sarebbe giusto facesse ognuno di noi: stare in Lotta Continua e farlo col cuore...
nella sua vita ha fatto di tutto: il muratore, il magazziniere, l'operaio, il camionista... perché la vita la devi vivere, comunque...
per capire il valore esatto del "viaggio del vagabondo" o "la stanchezza di chi non si è risparmiato", devi aver vissuto...
se tu non vivi, se resti fuori dalle cose della vita, non potrai mai capire cosa significhi "chiedere permesso prima di sedersi"...
se tu non vivi, se ti lasci solo vivere, non potrai mai capire che " i desideri dei bambini danno ordini al futuro", anche al tuo...
dice, il mio vecchio amico, tra i suoi baffi: La felicità è un agguato, si viene presi alla sprovvista e forse è meglio così...
il suo popolo, la sua gente è gentile, sa di menta o di erba appena tagliata, sa ascoltarlo e non chiedergli niente di più...
ha la faccia dei nonni, quando i nonni sapevano inventarsi delle melodie meravigliose, per farti addormentare sereno...
ha le mani forti e piene di vene di chi le mani le ha usate, le ha messe al lavoro, e tra le dita poi, resta il tempo passato...
ce lo vedo, su una spiaggia a suonare la chitarra, lo sguardo lontano, come se le donne fossero l'ultimo dei suoi pensieri...
lui è il gioco di parole, la poesia, un congedo opportuno lascia dietro una porta sempre aperta, lo sguardo antico...
si porta con orgoglio le cicatrici della vita, sui comizi rivoluzionari di una vita fa, e sulla sedia di paglia di due sere appena...
e lui ti dice: Ho scritto i libri che mio padre non ha scritto... Sono suo figlio perché ho ereditato i suoi desideri....
ha capito bene che "non si eredita il granaio, la casa... ma la penuria, il compito lasciato, la provvista mancata"...
il mio amico non urla mai l'amore, te lo fa sentire... sa guardare negli occhi, piccoli spiragli di finestre nel sole del mattino...
il mio amico non è mai scioccamente esplicito, sa parlare al cuore, e tu il cuore devi averlo allenato, sennò leggiti Moccia...
dice: Per tanti di noi della sinistra rivoluzionaria, la legge premio per i pentiti negli anni ottanta fu un foglio di espatrio...
perché, come dice spesso: Un'accusa fondata su una dichiarazione, senza uno sputo di prova, bastava all'arresto...
vallo a spiegare dal bagno penale nelle prigioni speciali!... in anni senza processo, messi da parte come in una soffitta...


dice: Per molti di noi furono scavalchi di frontiere, da contrabbandieri... per non finire in assurdi processi sommari...
Era maltempo e durò molto... Così era la spensierata Italia degli anni '80, dei nuovi arricchiti sotto il banco socialista...
Erri de Luca è così... vero, vivo, semplicemente complesso, assoluto, nonno padre e figlio, soldato e idraulico, è così...
Erri de Luca è l'uomo della crasi, la usa spesso, e fonde quelle vocali come per magia, in attesa di un dittongo armonico...
Erri de Luca scorre lento sulle metominie, che io amo tanto... lascia sineddoche sulle sue pagine, come acqua sui fiori...
Erri de Luca ti presenta davanti mille sinestesie, perché sa farti vedere il colore del vento, e l'odore delle fragole di bosco...
ne va da se che tanti sappiano dire: Io odio de Luca! Non capisco un cazzo e scrive libri da 20 pagine per 20 euro...
a questa gente va detto che esistono libri di 700/800 pagine... non dicono un cazzo, ma almeno portate carta a casa!...
prima di Natale è uscito La doppia vita dei numeri, di pagine ne ha 69... di sensazioni e di dolci sinestesie ne ha miliardi...
io m'immagino che molti  l'avranno visto in libreria nei giorni delle corse, ora rallentate, per i forzati regali di Natale...
tanti l'avranno preso tra le mani, sfogliato e voltato, un'occhiata veloce: 8 euro... troppo piccolo per essere un bel regalo...
oramai siamo abituati a calcolare il valore dei pensieri di un uomo in base al prezzo di copertina e al numero di pagine...
ti viene una tristezza micidiale, quando ti porti dietro un libro di 2 chili che sai già che, dentro, non ti lascerà un cazzo...


sabato 26 gennaio 2013

il loro rock romantico

Genesis, quando la musica era arte e non carriera









Il vento soffiava attraverso le porte chiuse... pizzicava le orecchie di uno gnomo che si aggira tra le stanche e vecchie mura...
c'era neve in quei giorni, e dentro a quel rifugio sperso tra il bosco, c'era spifferi che arrivavano da tutte le parti...
sarà che da ragazzi non ci si fa caso... sarà che a vent'anni gli spifferi sono solo l'idea di un suono che può diventare musica...
sarà che, allora, il rock non aveva etichette: era musica... sarà che in quei giorni il mondo aveva un'altra dolcezza, altra storia...
sarà che sapevi che i Beatles si erano riuniti per l'ultima volta in uno studio di registrazione per concludere l'incisione dell'album Let it Be...
e sarà che  Thor Heyerdahl inizia il viaggio che lo conduce ad attraversare l'Atlantico su una zattera di canne di papiro chiamata Ra II
ma in quel rifugio sperso tra la neve, nella foresta inglese, quei 5 ragazzi ci stavano bene, e non sapevano cosa sarebbe stata la vita
qualcosa - o forse qualcuno - stava per accadere... e per saperlo bisognava capire quello che diceva il vento, tra gli spifferi...


perché solo quando tutti gli spiragli si allineeranno in un ben preciso disegno magico riusciremo a decifrarne il suo linguaggio....
in quei giorni, viene terminata la costruzione della Diga di Assuan, iniziata nel 1960... e in Messico prende il via il Mondiale di calcio
e Anna Mae Hays diventa la prima donna ad essere nominata generale... e a  Londra viene ritrovato il cadavere di Jimi Hendrix...
il rock non aveva etichette, era musica... e nessuno si sognava di chiamarlo sinfonico, progressive, folk o cos'altro ancora...
ma loro, i nostri 5 ragazzi, furono i primi a scrivere qualcosa che, poi, venne chiamato con un nome bellissimo: Rock romantico...
ci sono definizioni che sono perfette... suonano bene alle orecchie, e al cuore... questa è una azzeccata: Rock romantico...
in quel rifugio sperso tra la neve, quei 5 ragazzi iniziarono a suonare... qualcosa di piuttosto pittorico, di elegiaco, di magico...
tinte delicate alternate con quelle solide e cromaticamente spesse della pittura ad olio... momenti musicali dolci, forse un po' barocchi...


la loro musica sofisticata, i loro testi intellettuali... l'Hammond di Tony Banks (quando non è il dulcimer o il piano)... il silenzio...
quella vena di malinconia che ti sa prendere l'anima in una sera di queste, e che ti fa girare intorno alla tua vita come una trottola...
una quieta scena simil-rinascimentale, due figure in un loggiato da dove osservano un paesaggio...  
poi, alcuni particolari iconici ma senza grandi dettagli, su uno sfondo di un celeste uniforme...
la copertina tagliata da un coltello: The Knife... e poi, aprire e scoprire un delicato paesaggio boschivo ad acquarello.......


all'isola di Wight oltre mezzo milione di giovani si ritrovano per il Festival del 1970.......
sembrerebbe di sentire la voce del cuore che ti parla... oppure il suo ipnotico di un'idea o la sensazione di un amore che non muore mai...
o ascoltare quella così tenera quanto disperata favola, suoni da da stanza dei giochi, la cantilena di un bimbo, i rintocchi di un orologio...
"Play me Old King Cole, that i may join with you..."... dice il fantasma di Henry, 8 anni, a Cynthia, 9 anni......


"Touch me, touch me, touch me NOW! now..." le dice Henry, dopo che Cynthiaa lo aveva graziosamente (!) decapitato.........
questi dei Genesis, sono album romantici, pieni di fascino, di bellezza e di richiami di un'età vittoriana che ben si ricorda....
o lo strambo quanto interessante mito da fantascienza: piante viventi che il prendono possesso di ogni città e... 
la voce di Peter sembra più che mai quella di un vecchio saggio, ed è sorprendente e inquietante pensare che aveva solo vent'anni...
 un susseguirsi di emozionanti affreschi musicali, racconti mitologici ed impareggiabili allegorie      
un ubriaco che decide di gettarsi da un cornicione... impercettibili e timidi accordi di chitarra e passando attraverso assoli di flauto...
un sognante racconto favolistico che narra mitici racconti di ermafroditi e ninfee...     


dedicato alla regina delle Naiadi, ninfe del mare... un glorioso crescendo e si apre la lunga e avventurosa stagione del rock romantico
e la copertina di Nursery Cryme con il tema della nurse assassina che gioca a golf con le teste dei malcapitati neonati....
Trespass... e poi Nursery Cryme... la stagione del rock romantico... erano gli inizi degli anni '70, dove la musica era arte......
quante altre cose da raccontare... quanta musica da ascoltare... quanti ragazzi che si sono invecchiati per poter diventare grandi...
il sospiro di una madre, le grida degli amanti.... una mossa falsa di Dio ora mi distruggerà... ma aspetta...
una volta lei accarezzò il corpo dell'amore... e ora, all'orizzonte, una nuova alba sembra stia per sorgere... una nuova vita da vivere...
vedi?... vedi come la pioggia si allontana, in un altro giorno.....